Rolando D'Angeli | IL VENDITORE DI STELLE
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IL VENDITORE DI STELLE

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Rolando D’Angeli -1-

Un artista prima dei concerti pretende che nel camerino ci siano fiori, quadri e tappeti persiani; un altro perde a carte il compenso guadagnato per le sue esibizioni; un cantante poi, prima di salire sul palco del Festival di Sanremo con il brano che lo renderà famoso, è preso dall’ansia per un mal di gola. Rolando D’Angeli, tra i più rappresentativi manager della canzone italiana, racconta la sua vita di successi e peripezie esilaranti svelando i trucchi del mestiere per costruire una star. “Il venditore di stelle”, arricchito da una presentazione di Dario Salvatori e dalle testimonianze inedite di Pupo, Umberto Tozzi, Bobby Solo, Loretta Goggi, Renato Zero, Maurizio Costanzo e Giorgio Assumma, è un ritratto senza veli dello star system. Inoltre, D’Angeli apre il cassetto dei suoi ricordi più intimi raccontando un’infanzia e un’adolescenza vissute in povertà nella periferia romana del secondo dopoguerra.


ESTRATTO DAL LIBRO

Ancora tu… Pupo
In particolare, parlando ancora del sodalizio decennale con Pupo, penso che il nostro rapporto, supportato da una com­patibilità caratteriale non comune, sia difficilmente riscontra­bile neH’ambito dello spettacolo. Quanti artisti sarebbero stati disposti ad affiggere, insieme con il proprio impresario, circa cinquemila manifesti nel quartiere Testaccio a Roma?estare sempre “due passi indietro” ai miei artisti. È un mantra che, in tutti questi anni, mi sono ripetuto mentalmente, soprattutto nei momenti in cui la buona stella dei miei figlioli brillava di luce propria.

Pupo non ci pensò due volte: esattamente come me, si munì di scala e indossò i panni del perfetto “attacchino”. Fu in occa­sione di una tappa capitolina presso il teatro tenda Pianeta MD, che avrebbe poi registrato il tutto esaurito.

Roberto Benigni, testimone dell’episodio e visibilmente incuriosito dalla scena, si rivolse al corregionale con la tipica espressione toscana: “Oh, che tu fai?”. E la risposta del sem­pre ironico Pupo, non tardò a venire: “Oh Nini, te tu dovresti aiutarci ad attaccarli i manifesti, invece di stupirti…”.

Rolando D’Angeli -2-

La vetta più alta del successo

L’apice del successo discografico lo raggiunsi a partire dal 1997. Dopo aver seguito il percorso un po’ accidentato di artisti che dovevano tornare a splendere, di giovani promet­tenti e regine dello spettacolo, finalmente, con Nek, ebbi l’occasione di seguire una mia creatura. Non sono mai stato un arrivista. Sotto la corazza di uomo stravagante e istrioni­co, si nasconde una personalità riservata che non ama inge­renze nella vita personale.

Quando ho intuito che allo stesso modo in cui svolgevo bene l’attività di rappresentante, avrei potuto fare altrettanto in quella d’impresario, ho smesso di sentirmi precario. Cam­biava solo il contesto, il modo in cui ci si doveva presentare, ma dovevo pur sempre “piazzare” qualcosa.

Ci sono molte persone che, arrivate al successo, cambiano personalità: a me è successo l’inverso. Sono gli altri che

hanno cominciato ad assumere nei miei confronti un atteggiamento fuori luogo. Un mio carissimo amico ingegnere col quale condividevo tutto, appena la mia vita iniziò a decollare, divenne freddo e distaccato, finché smettemmo compieta-mente di frequentarci.

Sulla bilancia, è necessario mettere anche l’invidia dei colleghi. Ovvero: se mi limitavo a gestire Mike Francis venivo accettato. Se, invece, collaboravo con dei numeri uno come Nek, invidie e concorrenze sleali erano all’ordine del giorno. Non ho mai considerato nemici i miei colleghi: tutt’al più rivali. Sono sempre stato dell’idea che occorre collaborare, non farsi la guerra.

C’era un bel fermento attorno al ragazzo dagli occhi di ghiaccio: il clamore suscitato da Lauro non c’è giunse oltreoceano. La Maverick Records, la casa discografica di Madonna, mi contattò perché lo voleva, a qualunque cifra. Alla fine decisi, insieme a Nek, che avremmo dovuto farcela con i nostri mezzi e rifiutammo l’offerta.

Conoscevo molto bene il modus operandi americano: ti offrono un pugno di noccioline per farti tacere e metterti in un angolo, lo, al contrario, desideravo lavorare a pieno regime e in completa autonomia.

Le potenzialità di Laura non c’è potevano considerarsi illimitate. E lo stesso valeva per l’intero album. Perché accontentarsi dei confini nazionali? Contattai con Tino Silvestri, direttore artistico della WEA, un caro amico spagnolo, Tony Aguillar, un dj di talento, che lavorava per il circuito Catenas 40. Tony rimase folgorato dal brano e grazie alla sua collabo-razione nacque la versione Laura no està. Presi dall’entusiasmo, producemmo altri sei brani in lingua spagnola e ripubblicammo l’album. Di lì a poco, fui convocato alla convention mondiale della WEA a Città del Messico, dove conobbi André Midani, brasiliano di quasi settant’anni con tre matrimoni alle spalle. Era il Presidente mondiale della WEA.

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